Importante scoperta di un pool di ricercatori di Unimore sulla “biopsia liquida”, un metodo nuovo per valutare biomarcatori oncologici circolanti nei fluidi biologici (sangue e plasma seminale), in grado di raffinare le informazioni fornite dal PSA, unico marcatore di rischio ad oggi utilizzato nell’ambito dello screening e della diagnostica delle neoplasie prostatiche, insieme alla esplorazione digitale, all’ecografia transrettale e alla ago-biopsia.
Lo studio è stato coordinato dai prof. Giovanni Ponti e dal prof. Aldo Tomasi, entrambi della Patologia Clinica di Unimore, in collaborazione con i proff. Mauro Mandrioli del Dipartimento di Scienze della Vita di Unimore e Salvatore Micali del Dipartimento Chirurgico, Medico, Odontoiatrico e di Scienze Morfologiche con interesse Trapiantologico, Oncologico e di Medicina Rigenerativa di Unimore e Giovanni Pellacani, Presidente della Facoltà di Medicina e Chirurgia di Unimore.
I risultati sono stati pubblicati sulle riviste scientifiche americane, Clin Chim Acta, Medical Hypothesis e, in questi giorni, su Pathol Oncol Res.
La scoperta riguarda la presenza nel liquido seminale dei pazienti affetti da cancro prostatico di una concentrazione di DNA libero circolante significativamente maggiore rispetto agli individui sani arruolati, quali controllo, ed ai pazienti con la sola iperplasia prostatica benigna. Questa indagine consente di discriminare tra soggetti sani e pazienti con neoplasia, raffinando le informazioni che si ottengono con i valori di PSA nel sangue.
Le prossime fasi dello studio vedranno l’aumento della coorte di pazienti per definire più precisamente le concentrazioni del cfDNA associati alla patologia neoplastica.