Sono conosciuti come “Bambini Farfalla” perché sono così delicati che basta un minimo contatto per creare sulla loro pelle dolorose bolle e lesioni. Il nome scientifico della patologia è Epidermolisi Bollosa (EB) ed è una malattia rara dovuta ad un difetto nei geni deputati alla produzione delle proteine responsabili dell’adesione dell’epidermide al derma. Da oggi, grazie a uno studio medico-scientifico modenese questi pazienti hanno una speranza in più.
L’8 novembre scorso, infatti, l’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia (UNIMORE) ha annunciato la pubblicazione su Nature, una delle più prestigiose riviste scientifiche del mondo, di uno studio medico-scientifico scaturito dalla collaborazione tra il Centro di Medicina Rigenerativa “Stefano Ferrari” di Unimore, lo spin-off universitario Holostem Terapie Avanzate e prestigiose realtà accademiche e cliniche universitarie europee.
Protagonista di questo studio è il prof. Michele De Luca, Direttore del Centro di Medicina Rigenerativa che da oltre trent’anni coltiva in laboratorio cellule staminali epidermiche, grazie ad una tecnica imparata negli Stati Uniti. Abbiamo incontrato il prof. De Luca al quale abbiamo posto alcune domande sulla sua scoperta.
Prof. de Luca, voi avete “coltivato” dei lembi di epidermide geneticamente corretta e l’avete trapiantata, con in colleghi di Bochum su un bimbo siriano affetto dall’Epidermolisi Bollosa, la cosiddetta sindrome dei bambini farfalla dalla sindrome dei bambini farfalla. Si tratta del primo intervento del genere?
È la prima volta che le nostre colture geneticamente corrette vengono applicate come trattamento salvavita su una superficie corporea così ampia (80% del corpo). La prima volta che abbiamo eseguito un intervento di questo tipo è stato proprio al Policlinico di Modena, nel 2005, sulla parte superiore delle gambe di un paziente che a distanza di 12 anni sono ancora perfettamente sane, senza aver mai sviluppato nessuna bolla o lesione. Un secondo intervento è stato eseguito a Salisburgo nel 2014, sempre su un’area ristretta del corpo.
Questa nuova terapia è applicabile a tutti i pazienti affetti dall’Epidermolisi Bollosa?
Questa nuova terapia, utilizzando un vettore virale specificamente disegnato per la forma Laminina332-dipendente dell’Epidermolisi Bollosa Giunzionale, può essere applicata solo ai pazienti che hanno lo stesso gene malato. Ma terapie concettualmente molto simili, che utilizzano lo stesso vettore disegnato però per correggere mutazioni in altri geni, come il COL7A1 o il COL17, sono applicabili ad altre forme di Epidermolisi Bollosa e sono ora in sperimentazione clinica.
Lei studia da più di trent’anni le cellule staminali epidermiche, prima come trattamento salvavita sui pazienti con ustioni di terzo grado, poi in sperimentazioni cliniche di terapia genica per l’Epidermolisi Bollosa. Quali sono i prossimi sviluppi della ricerca in materia?
Il nostro obiettivo è quello di riuscire a trattare il maggior numero possibile di forme di Epidermolisi Bollosa, incluse quelle dominanti, a cui non si applicano le tecnologie attualmente in sperimentazione e che prevedono ancora molto lavoro di ricerca di base.
Voi lavorate spesso con la componente clinica. Quali sono i principali programmi che avete in comune con l’Azienda Ospedaliero – Universitaria nel campo dell’Epidermolisi Bollosa?
Abbiamo da diversi anni numerose collaborazioni in atto con l’Azienda Ospedaliero – Universitaria su vari progetti. Per quanto riguarda l’Epidermolisi Bollosa, collaboriamo con la Clinica dermatologica del prof. Pellacani nell’ambito di un progetto POR-FESR proprio sulla terapia genica per i Bambini Farfalla, che ci ha permesso di creare a Modena un ambulatorio multidisciplinare per l’EB che coordina diverse realtà impegnate nella diagnosi, nella ricerca e nello studio delle diverse forme di EB. Il passo successivo, su cui stiamo concentrando molte energie, è la creazione presso l’Azienda Ospedaliero – Universitaria di un vero e proprio “EB-Hub” che possa rappresentare un punto di riferimento internazionale non solo per la terapia genica, ma anche per la diagnosi e per la presa in carico dei pazienti.