Azienda Ospedaliera-Universitaria di Modena
 
Versione stampabile della pagina

Il Policlinico di Modena partecipa allo studio italiano per la cura dell’HIV

Cristina Mussini
Cristina Mussini

Il Policlinico di Modena, con la Struttura Complessa di Malattie Infettive diretta dalla prof.ssa Cristina Mussini, è uno degli undici centri, in Emilia Romagna c’è anche Ferrara, che partecipano allo studio italiano sulla cura dell’HIV, attraverso il vaccino denominato Tat, la cui i funzione è bloccare, insieme alla terapia antiretrovirale, la malattia in soggetti già infettati. I dati della seconda fase di sperimentazione, pubblicati in aprile sulla rivista Retrovirology, hanno confermato che il Tat, associato ai farmaci antiretrovirali ne potenzia l'efficacia contro la malattia, oltre a stimolare il sistema immunitario. L’articolo è stato firmato dalla dottoressa Barbara Ensoli, direttore del Centro Nazionale AIDS dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS). Dei 168 pazienti seguiti per tre anni consecutivi, in undici centri clinici italiani, molti stati arruolati al Policlinico di Modena, dall’equipe coordinata dalla prof.ssa Mussini e composta dalla dottoressa Marianna Meschiari e dalla dottoressa Erica Franceschini.
Lo studio è finalizzato a verificare la risposta immune indotta dal vaccino basato sulla proteina Tat su pazienti affetti da HIV-1 in trattamento antiretrovirale. “In pratica – spiega la prof.ssa Cristina Mussini – il vaccino si basa sulla proteina del virus chiamata Tat, indispensabile per la replicazione e propagazione virale. La proteina, infatti, permette al virus di riprodursi e diffondersi nell’organismo infettato e costituisce un bersaglio importante per la risposta immunitaria. I pazienti che presentano una risposta anticorpale naturale nei confronti della proteina TAT hanno, infatti, una progressione clinica più favorevole, da qui è nata l’idea di rinforzare la risposta immunologica alla malattia, inducendo una risposta anti-Tat mediante vaccinazione con la proteina ottenuta in laboratorio” . Questi primi risultati fanno ben sperare per il futuro ed è in atto una fase più ampia dello studio in Sud Africa, in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità.



 
 
 
Torna a inizio pagina